ARTE & STORIA

Castel d''Ario

ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

Cenni storici e aspetto esterno

Edificata tra il 1743 e il 1758 nello stesso luogo in cui sorgeva un'antichissima pieve dedicata alla Madonna, la nuova parrocchiale era stata progettata da un giovane architetto veronese, il conte Girolamo Dal Pozzo (1718-1800), su incarico del parroco, ma nell'ambito di un generale rinnovamento edilizio dei luoghi di culto della Diocesi di Mantova, promosso dal vescovo Antonio Guidi Di Bagno.

La chiesa anticipa di circa mezzo secolo lo stile neoclassico: all'interno per le proporzioni e la maestosità degli spazi; all'esterno per la funzionalità e semplicità di espressione dell'architettura.

A completare la struttura si aggiunge, tra il 1763 e il 1767, un nuovo campanile, interamente costruito con le pietre di parti pericolanti del vicino castello. Viene inserito tra la sagrestia e il fianco della chiesa dove c’è l'unica porta laterale, sulla cui architrave trova collocazione il busto in marmo del Padreterno bene dicente, databile alla prima metà del Quattrocento.

Attorno a questo fianco e alla facciata, c'è ora Piazza Sacrato, inaugurata nel 2008 e corrispondente esattamente all'area dell'antico cimitero parrocchiale, attivo fino al 1817. Alla destra della facciata della chiesa, dove nel 1863 era stato addossato l'oratorio della Confraternita del SS. Sacramento e nel 1908 un'ulteriore aggiunta per la casa del sagrestano, sono stati ricavati nel 2011 gli alloggi per le Suore Orsoline.

Interno: navata - cappelle - presbiterio

L'interno della chiesa (lungo 35 metri, largo 17 e alto 17) è ad unica navata su cui si aprono quattro cappelle laterali, simmetriche e sopraelevate di due gradini, che nel tempo hanno cambiato la loro intitolazione. In altrettanti vani, pure simmetrici, si segnalano in particolare il battistero col fonte battesimale di stile tardogotico, in marmo rosso di Verona e datato 1428, a sinistra dell'ingresso; e la piccola grotta di Lourdes, ricavata nel 1896 tra le due cappelle dl destra, nel vano che serviva di accesso al pulpito.

Degna di nota è la cappella della Madonna del Rosario, l'unica con l'altare in marmo, poi denominata della Madonna delle Grazie dal 1940, anno in cui venne inserito sopra l'altare il quadro di Giuseppe Resi che riproduce la quattrocentesca Madonna col Bambino presente al santuario mantovano di Grazie.

Pregevoli, nelle altre cappelle, che hanno tutte l'altare in scagliola, sono: l'imponente statua lignea di Cristo in croce, datata 1829, nella cappella del Crocifisso; l'altorilievo seicentesco raffigurante la Madonna della Cintura nella cappella ora dedicata a Santa Teresa; il quadro di metà Seicento (recentemente restaurato) raffigurante le nozze mistiche di santa Caterina d'Alessandria nella cappella prima intitolata a san Luigi Gonzaga.

Le tre pale di Gian Domenico Cignaroli

Il presbiterio, sopraelevato di due gradini rispetto al pavimento della navata, è delimitato da una balaustra a due ali su pianta concavo-convessa, realizzata in marmo di Carrara. L'Altare Maggiore, cui si accede per tre scalini digradanti, è stato ricavato dal seicentesco altare in marmo della vecchia chiesa, dilatato con un'ampia aggiunta centrale in scagliola. L'attuale Mensa Eucaristica è sorretta da un trono in legno intarsiato e dorato di fine Seicento, decorato con sei putti e raffinati motivi floreali, in origine posto a coronamento dell'Altare Maggiore.

Alle spalle dell'altare, nell'emiciclo dell'abside, è il pregevole coro ligneo della seconda metà del Settecento, ma installato nel 1811, perché proveniente da una delle tante chiese mantovane sconsacrate durante il dominio francese. Anche le tre grandi pale nell'abside, che ora sovrastano il coro, erano state dipinte dal pittore veronese Gian Domenico Cignaroli (1722-1793) per la chiesa dei Padri Filippini di Mantova. 

Commissionate alla fine dei 1773 e completate dalle cornici in marmo nel 1779, vennero acquistate dalla parrocchia casteldariese dopo la definitiva sconsacrazione di quella chiesa cittadina, e posizionate in presbiterio nel 1808. 

Le tre tele, di cm 215x412, sono tutte autografate e inserite in una elaborata cornice di marmo di gusto tardo barocco. Raffigurano: L'Annunciazione, L'Assunzione di Maria al cielo e La Presentazione di Gesù al tempio. In quest'ultima tela si tende ad individuare, nel personaggio alle spalle della Madonna (quello che volge il viso all'osservatore, che veste un abito settecentesco blu ed ha in mano una candela) l'autoritratto del pittore.

La decorazione di Giuseppe Resi

Nel catino dell'abside, nell'ambito di una decorazione che negli anni 1937 e 1938 ha interessato tutto l’interno della chiesa ad opera del pittore veronese Giuseppe Resi (1904-1 974) è raffigurata l'incoronazione di Maria in cielo tra angeli musici e cantori. L'affresco si raccorda col sottostante dipinto dell’Assunzione di Cignaroli, ed è l'unico a riportare firma e data dell'autore. La decorazione di Resi, che inizia dalla calotta dell'abside e dalla volta del presbiterio, esplode poi nella suggestiva grande volta a crociera della navata. ln essa, in ripartizioni triangolari evidenziate da raffinate cornici dipinte, stanno i quattro evangelisti, affiancati dai simboli che li contraddistinguono, sia come autori dei vangeli che come persone: Matteo con l'angelo e le monete; Marco col leone e la mitria vescovile; Luca col toro e il dipinto della Vergine; Giovanni con l'aquila e il calice con l'ostia radiosa. 

Alle pareti della navata sono raffigurati sei apostoli inseriti in cornici che richiamano quelle delle tre pale del Cignaroli, con spettacolari effetti trompe-l'oeil. Di ognuno è scritto il nome in latino sotto la figura, caratterizzata da immediati riferimenti alla vita o al martirio. Nelle due lunette laterali attorno alle vetrate policrome (tutte realizzate dalla ditta Ballardini di Verona su disegno di Giuseppe Resi), sono raffigurate due coppie di profeti coi cartigli delle rispettive profezie: Geremia e Daniele ai lati della vetrata della resurrezione, su sfondi rocciosi e desolati; Isaia ed Ezechiele ai lati della vetrata dell'Adorazione dei Magi, su sfondi di alberi e cespugli. 

L'organo Montesanti e la vetrata della Madonna patrona

L'imponente organo con contro-organo al centro della balaustra della cantoria, sopra il portale d'ingresso alla chiesa, è stato costruito tra il 1 795 e il 1 800 dagli organari mantovani Andrea e Luigi Montesanti (padre e figlio) e rappresenta uno dei massimi risultati da essi raggiunti. Per realizzarlo, i Montesanti avevano recuperato una cassa organaria in stile barocco veronese-gardesano inserendovi però caratteristiche loro personali che lo rendono unico nel panorama italiano.

Dopo lunghi periodi di inattività per cattiva manutenzione e ripetuti restauri che ne hanno alterato le potenzialità, solo l'ultimo integrale intervento degli organari Barthèlemy e Michel Formentelli, durato dal 2002 al 2006, ha riportato lo strumento alla originaria composizione di 37 registri con 2 tastiere e contro organetto. Nella lunetta sopra l'organo, attorno alla vetrata della Madonna patrona di Castel d^Ario, è dipinto Gesù che, mentre prega nell'orto degli ulivi, è visitato e consolato da un angelo. 

 

Tutte le informazioni, fino al 2002, sono tratte dal libro di Gabriella Mantovani e Filippo Mantovani: "La chiesa parrocchiale di Castel d 'Ario. Storia, Arte, Protagonisti dal Cinquecento ai giorni nostri", ed. Sometti, Mantova 2002 

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Villagrossa di Castel d''Ario

La chiesa DI S. Stefano, proto martire

La parrocchia è una frazione di Castel d'Ario e dista dal capoluogo 5 km. Confina con le parrocchie di Roncoferraro, Barbassolo, Pradello e Castel d'Ario. Il nome di Villagrossa risulta da una Procura, rilasciata a Luigi Gonzaga nell'anno 1328. Il 3 agosto 1544 il cardinale Ercole Gonzaga, vescovo di Mantova, decreta l'erezione di questa chiesa. Il 3 agosto 1579, Marco dei Fedeli Gonzaga, vescovo di Mantova, consacra la chiesa. Nell'anno 1982 viene eseguito il restauro completo della chiesa e canonica con l'aiuto finanziario dei parrocchiani, della principessa Marta Bonacossi-Orsini e del figlio principe Benedetto Orsini.

Villimpenta

S. Michele arcangelo

Villimpenta è l'ultimo comune della provincia di Mantova ai confini con il veronese; è attraversato, per un buon tratto, dal fiume Tione che poi si immette nel fiume Tartano.

Nel suo passato, Verona contò più di Mantova sia nella sfera temporale che, ancor più, in quella spirituale, come testimoniano dati storici e monumenti. Zona spesso contesa fra Scaligeri e Gonzaga: lo testimoniano il Castello Scaligero e la Villa Gozanghescha di Giulio Romano, detta Villa Zani. Nell'alto Medio Evo Villimpenta faceva parte della potente abbazia di San Zeno di Verona e, con la caduta della signoria scaligera, passò al ducato di Mantova, pur mantenendo la sua dipendenza religiosa dalle autorità veronesi fino al 1787, anno in cui fu ceduta dal vescovo di Verona a quello di Mantova.

La prima chiesa, dedicata a Sant'Andrea Apostolo, risale alla seconda metà del 1300 all'interno del Castello Scaligero e subì un primo restauro nel 1476; nel 1638 si provvide a realizzare una costruzione nuova nelle forme con cui si presenta tuttora. La secolare appartenenza alla diocesi di Verona favori l'afflusso degli artisti veronesi Falceri e Prunati, i quali hanno lasciato opere tuttora conservate.

Vero monumento artistico è l'altare maggiore con un'architettura complessa e varietà di marmi che ha poche possibilità di confronto; ne fu esecutore lo scultore Ranghieri con un contributo rilevante del celebre Francesco Maderno, provenienti da recenti esperienze acquisite in precedenti lavori in San Nicolò di Verona. Sopra il ciborio si innalza un maestoso tabernacolo a base ottagonale; nelle quattro facciate sono collocate le statue dei quattro Evangelisti; le statue che adornano abbondantemente l'opera sono state eseguite da Francesco Maderno nel 1695. Vi è anche un altare in pietra di Vicenza di Aurelio Nordera. La chiesa parrocchiale è dedicata a San Michele Arcangelo.

A 1,5 km verso il Veneto, sorge la Chiesa della Della Madonnina, dedicata alla Madonna della Neve (5 agosto). L'altare è di Ranghieri, lo stile è il medesimo della chiesa di Villimpenta.

Santuario della Madonnina

A circa 2 km da Villimpenta si trova il Santuario della Madonna della neve, più comunemente conosciuto come Santuario della Madonnina, costruito verso la fine del 1600. 

La pieve fu costruita verso la fine del 1400 sul luogo di una più antica cappella. Venne demolita nel 1692 e rifabbricata l’anno seguente per volontà di Pietro Galilea nella forma attuale. All’interno, sopra la porta maggiore, era murata una lapide con lo stemma gentilizio della famiglia Galilea che recava l’iscrizione: “Petri Galilea impensis et aedes et ara in Deiparae honorem funditus aerectae Anno Domini MDCIIIC”. Venne trasformata in lazzaretto nel 1630 per la peste di manzoniana memoria, ma il 31 maggio 1632, festa di Pentecoste, don Giovanni Respighi istituì una processione dalla parrocchia al Santuario, allora detto del Frassine. 

Nel 1901 venne di nuovo adibita a lazzaretto per l’esplodere di un’epidemia di vaiolo. Terminato il contagio, dopo essere stata disinfettata e imbiancata (i banchi furono bruciati), venne riaperta al culto per il rinnovo della sagra annuale. La chiesa è stata sin da tempi remoti luogo di fervida devozione mariana. Processioni con grande concorso di popolo, con preghiere e penitenze, furono compiute nei periodi di siccità e di carestia. Il 29 luglio 1946 la statua della Vergine fu trasportata dal Santuario alla Parrocchiale per ringraziare della benigna protezione negli anni cruenti della seconda guerra mondiale. L’edificio fu ristrutturato nel 1870, nel 1893, nel 1955 e nel 1976.

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Pradello di Villimpenta

San Bartolomeo apostolo

Pradello era una frazione di Villimpenta, da cui dista circa 2 km. La chiesa dedicata a San Bartolomeo apostolo, e la cui costruzione risale a metà dell’800, si presenta maestosa e accogliente. Recentemente sono stati fatti diversi interventi di restauro e di abbellimento. Vi sono custoditi i due pregevoli quadri raffiguranti la Vergine Assunta e la Visitazione di Maria ed Elisabetta. Nel gennaio 2003 sono stati collocati l'altare e l'ambone in marmo bianco perlino, opera dello scultore Aurelio Nordera di Mantova.